martedì 14 ottobre 2025

Giocavamo a Achei e Troiani

 Noi che giocavamo a "Achei e Troiani"

I classici non si studiano più, o se ne fa una favoletta semplificata come accade per l'Iliade, l'Odissea, l'Eneide.
Eppure come sfuggire all'evidenza delle correlazioni tra l'oggi e il mito che trasforma la storia in narrazione?
Penso alla corrispondenza tra i Canti che narrano estenuanti assedi e stragi senza pietà, duelli e scempi di corpi, seduzioni e incantamenti che fanno perdere la rotta, astuzie volte al male, filtri e incantamenti che stravolgono la ragione e il giudizio.
Come non ammettere che sembra quasi che tutto, ma proprio tutto sia stato già detto, scritto e cristallizzato dalla Poesia e dall'Arte e che oggi invece si cancellano spudoratamente memorie, si anestetizzano sentimenti, si deviano la ragione e il senso critico verso fruizioni banali ma violentemente suggestive?
Già in Prima Media si studiavano a memoria i canti di Omero, e ricordo che giocavo, in una ingenua e forse patetica formazione di ragazzini divisi bande a "Achei e Troiani", con scudi di cartone e spade di pezzi di legno. 


Ho ancora davanti a me lo scudo di cartone del mio "capo", si chiamava Sergio, quello che impersonava Achille ...
Ma soprattutto ho ancora nella mente il pianto di Ecuba e l'abbraccio di Andromeda, l'umiliazione di Priamo, il trionfo crudele di Achille.
Confesso di aver imparato molti sentimenti anche giocando a Achei e Troiani.
Erano bei pomeriggi per strada, con il viso rosso per la tramontana che scendeva dai monti Cimini, mentre l'Italia ricostruiva le sue case.

Già. Quelli erano giorni da vivere come dissetandosi a una fonte purissima.

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