martedì 28 aprile 2020

L'ignoranza, un brutto articolo

Noventa Vicentina negli anni cinquanta


Avevo uno zio proprietario di una affascinante merceria nel paese veneto di origine della mia famiglia, Noventa Vicentina. Lo chiamavano "il Moro", e per noi era "Lo zio Moro" .
La sua era  merceria di quelle di una volta, dove si potevano trovare, tra i tanti articoli, migliaia di bottoni di vera madreperla, guarnizioni, passamanerie, gros grain, foderami e meravigliose seterie di Como che, arrotolate su negli alti scaffali di legno componevano quadri geometrici in sfumature luminose di colore. Lo zio aveva gli occhiali, i capelli grigi e un fare ironico e burbero. Mia mamma, che cuciva per sé e le figlie, passava ore a scegliere senza fretta le sete, le guarnizioni, i bottoni. 
E nonostante le lunghe attese io bambina non mi annoiavo. Vicino c'era un negozio con scritto sopra "drogheria" da dove arrivavano profumi di cannella e noce moscata e caramelle alla menta.
Però quello che ricordo meglio di tutto è una sorta di sentenza pronunciata dallo zio mentre svolgeva e riavvolgeva i grossi rocchetti di stoffa per qualche incontentabile cliente:
"Il più brutto articolo è l'ignoranza".
E ancora oggi penso che tante ore in attesa che mamma scegliesse, e caso mai mi concedesse un sacchettino di ginevrini comprati per premio nel negozio accanto, valevano l'aver ricevuto in eredità non certo il negozio, ma quella frase che stigmatizzava le clienti che si fingevano scontente per non acquistare: l'ignoranza.
Non si compra, non si vende: ma c'è chi la coltiva e pretende anche di drappeggiarsene con vanto, nemmeno fosse l'impalpabile seta di Como che, temo, molti non sappiano o immaginino nemmeno più quanto fosse assurdamente speciale come lo zio Moro, del resto.