giovedì 1 dicembre 2011

L'Isola Mare-Notte

L'Isola Mare-Notte. La fine dell'adolescenza

 Crepuscolo di mareggiata by Maria Serena Peterlin
Capì presto che la sua attrazione per il mare non era quella per giocare con la sabbia o le onde sollevate dal vento.
E nemmeno per la contemplazione struggente e banale di albe o tramonti, di lattiginosi cieli stellati, di aranciati fuochi meridiani.
L'attirava il respirare, l'ansimare, l'anelare; l'attraeva la forza espressa dalla marea, lo ipnotizzavano gli scogli su cui sentiva, indistintamente ancora, che i sogni potevano fracassarsi o vittoriosi proseguire, resi più forti.
Il mare gli si apriva come una strada; e sapeva, con irrazionale sicurezza, che ne avrebbe riconosciuto ogni pulsazione come un ritmo che era anche dentro di lui: la sua vita.
Imbronciato aveva fissato i suoi giochi da bambino: paletta, secchiello e soprattutto le formine (così le chiamavano) che riproducevano stelle e cavallucci marini, conchiglie e pesciolini. 
Per accontentare la mamma aveva provato anche ad usarle e aveva impastato la sabbia con l'acqua di mare, spolverato il fondo delle forme con altra sabbia asciutta, le aveva riempite con il miscuglio inumidito e ben pressato e rovesciate battendole con forza per ottenerne delle figure. Ma le ridicole creature sabbiose che ne uscivano si sbriciolavano: se lo meritano, aveva brontolato dentro di sé, sono noiose e finte.
Immaginava, quasi vedendola, la vita dei fondali, dove stelle e cavallucci, conchiglie e pesci dagli immensi occhi danzavano nell'acqua e nel sale dando senso, origine e durata al loro contrario: aria e luce.
Provava ad immaginarsi sommerso da quel mare letto nei libri di scuola, ma più ancora nelle favole. Allora tratteneva il respiro, vedeva se stesso guizzante tra le altre creature e prepotente e felice pensava che sì, per lui sarebbe stato possibile, forse facile vivere anche là sotto;  e che avrebbe fatto a meno della sensazione diretta e violenta dell'aria e della luce purché tutto fosse ridotto all'essenziale; e finalmente laggiù anche i rumori sarebbero stati spenti e  le paure avrebbero taciuto.
 Intanto trascorreva le ore seduto sull'orlo del confine tra acqua e sabbia; le gambe distese che aspettavano le onde, appoggiato sulle braccia, allungate a compasso all'indietro, con le mani sprofondate sulla rena asciutta e ancora calda. 
Teneva gli occhi chiusi e cercava di indovinare l'arrivo susseguente delle ondate, dei colpi del mare. 
Lo riscuoteva la voce di qualche ragazzino come lui; solo allora si alzava e si curvava come per togliere dalle gambe gli schizzi dell'acqua salata e nella stessa posizione restava qualche istante: le mani sulle ginocchia, gli occhi ancora connessi alla spuma che andava e veniva, il respiro ormai sincronizzato su quella misura acqua-terra.
Però una sera era rimasto talmente a lungo che la marea era risalita fino a circondarlo; e lui per nulla impaurito si era lasciato andare mentre, quasi sdraiato tra acqua e sabbia, afferrava per gioco qualche granchio disorientato che non riusciva a riguadagnare il mare.
Il sole non c'era già più e adesso le ombre avevano uno spessore più freddo e più limpido. 
Si accorse che non voleva tornare, e che voleva rimanere lì senza darsi un limite di tempo, che voleva capire cosa si prova quando la linea del cielo si confonde con quella delle acque, quando nel buio si alza il vento caldo della terra e cerca di gettarsi tra le onde. 
Voleva essere lì e capire cosa si sente quando, assente la luce, non sono più i sensi e la mente, ma sono solo il cuore e la pelle a captare e ricevere come un unico esteso organo percettore.
Gli sembrò che potesse arrivare quel momento, ed era anzi sicuro di aver capito il come, il dove, il quando.
Avrebbe ghermito lui quell'acqua infinita, superati quegli scogli e navigato sempre verso occidente, dove anche il sole si lascia cadere, per raggiungere la sua meta. 
Avrebbe pilotato da solo e sarebbe riuscito ad approdare alla fine del viaggio. E avrebbe saputo di essere giunto quando la linea del cielo e del mare si fossero di nuovo confuse senza più luce e il vento caldo della terra si fosse finalmente placato nelle onde.  

Nella sua Isola. 

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