Pavese: una passione. Provo a dirlo brevemente.
Rileggo La luna e i falò.
Un libro
che cambia man mano che la vita ci cambia.
La prosa: meraviglia di un ritmo
spoglio, arcaico, intarsiato di prestiti e costrutti dalla parlata regionale.
Catartico il racconto che non risolve, non conclude, non spiega eppure, eppure
sì è un magma simbolico senza tempo. Universale, eppure chiede silenzio.
Tali sono i grandi miti, e Pavese qui è mito.
E poi, in me modesta lettrice, dolore profondo contro chi,
invece, corrivamente parla di un Pavese "suicida per amore".
Cito a memoria, che sono talmente travolta dalla voglia di dirlo senza far lezioni a nessuno: "non ci si uccide per amore di una donna, ci si uccide perché ogni amore, qualunque amore, rivela nella nostra nudità, miseria, inermità, nulla."
E mi vien voglia di dire : perché non leggete?Ma perché? Scusate, non ci son forse quelli che, come me, studiano per anni e leggono e cercano, sentendosi insufficienti sempre, di conoscere gli autori nelle loro pieghe più affascinanti e difficili a dirsi e poi rinunciano a dare definizioni, giudizi? Ammettiamo: lo sai che hai letto tanto, ma non ti sembra ancora abbastanza.
Il suicidio degli altri ci sgomenta, è qualcosa che consideriamo irrazionale e troppo conclusivo. Forse proprio del tutto inutile.
"Un amore, rivela la nostra nudità", rivela l'essere indifeso che siamo.
Pavese si uccise, forse, per non difendersi dall'amore, non solo per amore.