venerdì 6 ottobre 2017

Disobbedienza

Graffito da monitor


Murales

Nella mia mente come un soffio io sento
un soffio dilatato come il vento
che passa e ronza, picchia ai vetri ed apre
fessure arcane: spiragli a tramontane.

Vanno, sbuffando coi pensieri, i sensi
intorpiditi da un presente opaco,
vanno saltando il grigio, il nero e il nulla:
ostacoli pesanti per chi pesa

inutili barriere per chi vola.
Così quel soffio attira i miei pensieri
e vi cancella il grigio e il nulla opaco.

Lo stesso modo accade coi misteri
di questo inaccettabile presente.
Disobbediente, ma felice io vado.

lunedì 2 ottobre 2017

Un ricordare sbagliato


Quando ho visto l'immagine odierna di Google, con il disegno animato di due alberoni frontosi e quattro alberelli festosi, mi pare si chiami doodle
 mi sono ricordata della "Festa degli Alberi" a cui, quando facevo le Elementari (che adesso si chiamano invece Primarie) venivo condotta, con tutta la classe, dalla mia scuola. E mi sono anche ricordata che nella città in cui vivevo allora, era novembre, faceva un freddo cane aizzato da una puntuale tramontana e, imberrettata, con le ginocchia nude tra gonna e calzettoni scozzesi, tremavo pregando che finisse presto. La festa intendo.
Ci mettevano in riga, assistevamo alla messa a dimora di qualche piantina e poi via, di nuovo a scuola: a piedi come all'andata.
Invece ho sbagliato ricordo. Pare il doodle sia riferito alla Festa dei Nonni; l'emblema arboreo non saprei quanto, personalmente, mi s'addica. Continuo a soffrire il freddo, a causa del quale non mi posso permettere gonna e calzettoni, altrimenti non esiterei, quanto a chioma ho ridotto le pretese e quanto a radici ben piantate, beh non accetto scommesse.
I miei nipoti sono l'unica cosa corretta: ma sono tre, gli alberelli quattro.
Insomma non ne ho detta una giusta. Privilegio delle nonne è raccontar balle, che qualche volta si chiamano perfino favole.

martedì 26 settembre 2017

Memorie dell'Équipe (Maxisperimentazione a scuola)

“Il fatto è che non possiamo verificare l’effetto della nostra azione didattica”, afferma il collega Ovidio di scienze, “perché seguiamo i ragazzi per tre o anche cinque anni, ma poi, dopo il diploma li perdiamo di vista.”
“Ma”, interloquisce il prof di fisica S. “ma dopo tre o cinque anni finiamo per conoscerli come le nostre tasche”.
“Appunto, appunto, ma poi li perdiamo di vista. E non possiamo sapere se quello che abbiamo insegnato abbia avuto efficacia!”
“D’altronde” interloquisce la sopraggiunta R. di francese, appena rientrata, tutta trafelata dall’aver rimescolato il sugo di casa sua e che, abitando appena dietro la scuola, usa mettere su pentole nelle ore di  buco o anche durante la ricreazione “d’altronde … nous sommes des pionners…” soggiunge tamponandosi le tempie accaldate; i colleghi la guardano allibiti; ma che dice?
“Sì voglio dire che nemmeno nessuno ci ha insegnato a noi ad insegnare, eppure insegniamo! Noi siamo sempre pionieri”. (La sintassi, questa sconosciuta.)
Oh, là-là.
“Voleva dire pionniers,” mi suggerisce la collega M... che il francese lo conosce da madrelingua “…invece pionners significa perdere dei pezzi giocando a dama o a scacchi, lasciamo perdere”
“Ma qui non stiamo discutendo di come insegnare!” riprende Ovidio. “Stiamo facendo consiglio di classe, dobbiamo parlare della quinta e ti stavamo aspettando perché sei in ritardo; poi è iniziato il discorso sull’effetto dell’azione didattica, allo scopo di rivedere il curriculum. Ma visto che siamo tutti possiamo cominciare.”
“Insegnare per me è la prima cosa!” Interrompe insistendo sempre più rossa in faccia e senza capire la R.
(Insegnare? Che parolona, rimugino perplessa.)
En France queste cose non succedono!”
“Quali cose?” Chiedo imprudentemente, tanto per capire.
“Le cose che succedono qui!” dice lei conclusiva e senza spiegarsi oltre.
Ça va sans dire.

“Allora vogliamo continuare?” riprende Ovidio, “il primo punto all’o.d.g. è l’andamento didattico-disciplinare: diamo la parola al Prof. Goffredo.”

mercoledì 14 giugno 2017

Il sasso e l'oro

Bambina con palloncino

Avevo cinque anni quando un operaio, che lavorava nel mulino vicino casa, mi disse che se avvolgevo un sasso in una carta dei cioccolatini o caramelle, quelle argentate e dorate che non si usano quasi più, e lo avessi seppellito, lo avrei ritrovato, dopo qualche giorno, trasformato in oro.
Penso sia stato un insegnamento, come dire, prezioso.

Ovviamente il sasso, accuratamente avvolto in stagnola e che ispezionavo a più riprese, non diventò mai altro che sasso; ma mi è stato ugualmente di grande vantaggio, pur nel disincanto che ne derivò.
Ho imparato che le affermazioni devono essere verificate da ragioni logiche e prove. Ho imparato che chi pensa di raccontarti storie di affascinanti scorciatoie ti prende in giro.
Ho imparato che un sasso rimarrà sempre un sasso.
E che l'oro, se si vuole, si conquista con fatica o con il guadagno di un lungo lavoro.


Devo scrivere anche la morale?
Ma non penso proprio.