La mia lattaia si
chiamava Jolanda.
Era una donna di quelle col fazzoletto legato con le cocche dietro la testa e
calato sulla fronte; tutte le mattine presto ci portava il latte a casa con un
apposito bigonciolo di alluminio ben chiuso dal suo tappo che pendeva appeso a
una catenella.
Jolanda mi sorrideva,
le guance rosse, le mani da lavoratrice: infilava un mestolo nel contenitore e
versava il latte direttamente nel nostro bollitore di alluminio. Mi ricordo il
profumo di quel latte appena munto, freschissimo, e ancora crudo.
Sono sempre stata una che aspira i profumi, li cerca. Quel profumo non finirà
mai di rallegrarmi mentre mi rattrista tanto che abbiano trasformato il latte
in un alimento troppo spesso quasi velenoso. Proprio il latte. Proprio lui.
Oggi il latte non è arriva più dalle nostre mucche, splendide creature generose, ma di qualche ricca multinazionale che lo tratta e forse inquina e che ci intossica, non fa più bene i bimbi.
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