Circa dieci anni fa, in una Roma sempre uguale e sempre diversa.
Davide e Ciccio, miei studenti
(due specie di giovane amore)Davide ha diciotto anni, abita a Roma al Torrino, un quartiere residenziale con ambizione di discreta eleganza tra l'Eur e il Raccordo Anulare. E’ un lungo ragazzo magro che sembra uscito, se fosse possibile, da un incrocio tra un pioppo cipressino e un salice piangente. E’ al quinto anno di Istituto Telematico e affronterà l'esame di stato. Ha sempre studiato con diligenza e ottenuto dai professori un consolidato giudizio positivo grazie al quale vive di rendita amministrando il suo vantaggio, come fanno le squadre di calcio maggiori che, sul due a zero, rallentano il ritmo ed esibiscono danzati virtuosismi arrivando al 90° senza affaticarsi.
Ha gusti non di tendenza e non omologati alla massa dei giovani romani: infatti
tifa Ternana e porta al collo la sciarpa verde-rossa della squadra che segue
anche in trasferta.
Va da sempre in vacanza a Scauri dove d'estate gira in bicicletta per
scoprire bellezze archeologiche e non, ma soprattutto per la gioia di pedalare.
Là è possibile incontrarlo (o anche solo immaginarlo) mentre, solitario
e felice, si affatica: le lunghe gambe in moto come infaticabili stantuffi, la
figura allungata e curva sul manubrio, i capelli crespi e biondi incollati alla
testa. Il suo viso geometrico è illuminato da occhi chiari, apparentemente
svagati e percorso dai fremiti percettivi di osservatore ironico e memorizzatore
paziente. Ha alcune doti (responsabile, educato, buono, intelligente) ed imperfezioni
(cocciuto, parsimonioso, po' esibizionista); oltre alla passione per la
bicicletta, nutre tre appassionati, e forse insoliti, amori: gli autobus, i
tram e i treni.
Spesso trascorre i pomeriggi viaggiando sulle ferrovie regionali lungo
tratte percorribili in poche ore. Sale sul treno e sceglie uno scompartimento
vuoto dove si sistema a suo agio e lì studia le lezioni per il giorno dopo o
fantastica felice guardando fuori dal finestrino il paesaggio che fugge veloce.
Atre volte invece sale su un autobus o sulla metropolitana soltanto per il
piacere di viaggiare da un capolinea all'altro. Conosce a memoria non solo i
percorsi, le stazioni ferroviarie e i nomi dei treni, ma anche quelli di tutte
le linee urbane ed extraurbane dell'Atac di Roma delle quali cita senza
incertezze numeri, fermate obbligatorie e a richiesta. E' in grado di
predisporre con efficiente esattezza l'itinerario e i nodi di scambio tra
metro, tram e autobus su qualsiasi percorso. Se ha voglia di un pezzo di pizza
non scende sottocasa, ma attraversa la città con due linee di metro perchè
quella della rosticceria della stazione Cornelia è, lui dice, più buona ed
economica.
Anche Ciccio ha diciotto anni ed abita a Roma ma al Quartaccio, un
quartiere popolare molto degradato e spesso in cronaca per fatti di malavita. Ha
i capelli rasati, occhi azzurri da bambino su un viso tondo e regolare dall’espressione
tra l’ironico e l’impaziente. Frequenta la stessa scuola di Davide ed è
ripentente cronico e recidivo.
Anche Ciccio ama gli autobus e la Metro ed ha una sciarpa della squadra
del cuore per la quale si esalta e commuove. Quando morì suo nonno volle
mettergli accanto la maglia biancoazzurra della Lazio, e solo dopo questo gesto
di complice tenerezza l'ha salutato per l'ultima volta.
Ma tanto Davide tende alla regola formale e all'organizzazione quanto Ciccio è un
trasgressivo insofferente alle prescrizioni e viscerale pur se affettuoso ed
estroverso. Veste largo: pantaloni
over size, t-shirt, felpa, cappellino, scarpe da ginnastica. La sua prof di
lettere lo ha aiutato a scoprire la poesia moderna e si è entusiasmato per Baudelaire,
Rimbaud e altri maledetti, Pound compreso. La prof gli ha regalato un rimario
che aveva portato in classe e gli ha ceduto volentieri quando ha visto i suoi
occhi accendersi di desiderio.
Ciccio non studia quasi mai forse perché si considera un artista. Ha un'inclinazione
spontanea per il ritmo, la rima e il suono ed ha organizzato anche a scuola
concerti della sua musica: l'hip hop, perché lui è un b-boy, un rapper e un
writer. Infatti invece di seguire le lezioni di Elettronica, Matematica o
Fisica disegna, oppure consulta il rimario e scrive versi per le sue canzoni.
Il suo vocabolario è inzeppato di verbi come taggare, spakkare o devastare, ma la sua è smania da uccel
di bosco e non violenza da predatore; la sua sregolatezza scolastica è anche un'inevitabile
conseguenza dell'altrove a cui la sua anima e il suo cuore tendono. Anche
Davide tende all'evasione e alla fuga verso luoghi imprecisabili, ma vorrebbe
raggiungerli programmando meticolosi orari e coincidenze il che è forse una
contraddizione.
Ci sono tante specie di amore e Davide e e Ciccio amano in modo diverso.
Davide è uno sportivo contemplativo, adorante, immaginativo e pattuito e
le ragazze gli preferiscono i ragazzi più omologati e firmati, dotati di
automobile o almeno di motorino; infatti che gusto c'è ad uscire o vagare verso
l'ignoto con un fidanzato che ha programmato un'evasione sentimentale in autobus?
Ciccio è un artista possessivo e dissacratore, ma si dichiara fedele anche
se conquista e perde ragazze con facilità.
Davide è ordinato e preciso osservante dell'ordine costituito.
Ciccio è caotico e compie notturne incursioni per taggare con gli spray i
vagoni della metro o le vetture degli autobus, però giura che non imbratterebbe
mai un monumento o un muro di una casa.
Ciccio e Davide viaggiano sugli stessi autobus e metropolitane ma salgono
ai capolinea in ore diverse e quindi non si incontrano se non a scuola che uno
frequenta episodicamente mentre l’altro con assoluta regolarità.
Ciccio esce randagio tra ombre e oscurità della notte romana cercando angoli e muri
poco frequentati per dar vita alla sua sfida creativa, mentre Davide ama il
cielo luminoso della città e i panorami estesi che ammira con suoi occhi
geometrici disegnati sul suo viso triangolare ove trascorrono, come in una
grafica futurista, i numeri degli autobus e gli orari dei treni sovrapposti alle
immagini frammentate delle strade abbacinanti di Scauri percorse pedalando da
solo. Sulle sue spalle un po’ curve conserva il calore del sole assaporato come
una carezza mentre nel suo respiro, controllato come tutte le sue emozioni, ritrova
il ritmo giusto per una nuova fatica: quella di una salita superata, di una
meta raggiunta, di una prova di sé che racconterà, sornione, in classe imitando
la voce di Giampiero Galeazzi.
Negli occhi azzurri di Ciccio si riflette un cuore impulsivo dove batte
l'amore per la libertà, il rap, l'irragionevolezza. Per questo non è riuscito a
convivere con la scuola, che l'ha meritatamente respinto. Ma se lo avesse
accettato lui sarebbe rimasto volentieri in classe a subire Elettronica e
Matematica e pur di raccontare e rivivere (con la stessa tenuità balzante di una bolla di
sapone) le sue tag, le sue frequentazioni
di centri sociali, di barboni, di personaggi alternativi e bevitori, di
stazioni e gallerie della metro e di vagoni ferroviari visitati di notte a
Termini, di birraterapia (suo il neologismo), di musica, di vita appunto. I
suoi amici Orso, Omar, Tony, Buio sarebbero ancora capitati, più o meno
clandestinamente, nella sua scuola, entrando dalla porta posteriore del bar per
stare con lui durante quella stessa
ricreazione che Davide trascorre invece con i professori ai quali chiede
puntigliose spiegazioni ed ulteriori esempi
alla lavagna.
Tra le tante disapprovazioni di colleghi e presidi, guadagnate in una
vita di lavoro a scuola, quella sulla mia ostinata e solitaria difesa di Ciccio
è stata certamente una delle più meritate. Ma gliela dovevo, visto che sull'hip-hop e i murales
ho imparato molto da lui.
Ora so che il tempo non
ha cambiato molto Davide il quale dopo aver superato l'esame di stato,
ovviamente con il massimo dei voti, ha iniziato a lavorare a progetto con
discreta soddisfazione.
E mi ha telefonato anche
Ciccio: due volte. Quando è morto il suo papà e quando è nata la piccola bimba
colorata che lui ha avuto dalla sua compagna colorata. Tutto ciò non gli ha
semplificato la vita, ma esprime tuttavia la sua invincibile, incoerente e
spericolata ricerca dell'altrove e della felicità.