Un Natale di Profi
Di solito il
Natale coglieva Profi di sorpresa perché fino alla mattina del 23 dicembre era
ancora immersa nei suoi pensieri scolastici: i compiti da correggere, le
lezioni da preparare, gli argomenti e le strategie con cui convincere i suoi
ragazzi a venire alle interrogazioni (... non le piacevano costellare il suo
registro con le "i"
di impreparato).
Era per
questo che, pur accorgendosi che le strade e i negozi si addobbavano con tutti
i segni dello scintillante incombere del Natale, lei continuava a pensare che
ci fosse ancora tempo.
A Profi, che
di solito si mescolava volentieri alle persone a al traffico, l'atmosfera prenatalizia
che contagiava uomini e cose sembrava troppo frenetica e poco sincera per cui
cercava di ignorarla, si convinceva di poter aspettare ancora a partecipare alla baldoria dei panettoni e
arrivava perfino ad evitare i supermercati troppo sfacciatamente festivi per
riscoprire i superstiti piccoli negozi di quartiere o, alla peggio, le scorte
accantonate nel suo congelatore.
Quel giorno
di dicembre però, alzatasi presto come al solito, aprì la finestra e sentendo sul
viso un'aria molto più fredda dei giorni precedenti alzò gli occhi verso l'alba
striata di grigio e rosa; osservò i primi raggi che cercavano di trafiggere
inutilmente gli spessi nuvoli e riuscivano solo a disegnarne i contorni e vide l'ultima
stella che pulsava, metallica e lontanissima mentre accennava a spegnersi: - sembra
un cielo da Presepio...- pensò imprudentemente, e non ebbe più scampo.
Subito capì
l'errore e cominciò a rimproverarsi da sola: cosa ti viene in mente! ma che
Presepio! Questa è una di quelle mattine in cui si avrebbe diritto di ricacciarsi
subito a letto e bersi piano piano il caffè, poi riavvolgersi nella posizione
più comoda a leggere fino a tardi invece di buttarsi fuori, salire in macchina,
guidare
fino a
scuola, e varcare la porta della classe sullo squillo della campanella mentre
gli studenti si sono già imboscati al bar o trascinano i piedi lungo i corridoio
o addirittura cominciano ad arrivare con venti minuti di ritardo maledicendo la
loro sorte mentre tu tenti di sottometterli intrecciando discorsi alati sul
sonetto petrarchesco!
Sui tetti e
le terrazze c'erano anche i gabbiani che, sfuggiti dal litorale in tempesta si
erano rifugiati sui palazzi di Roma: ciascuno di loro si era istallato su una
delle fitte antenne lanciavano lunghe grida irrequiete e irreali.
I pioppi e le
robinie, lungo la strada, mostravano un aspetto insolito perché, lungamente
bagnati dalla piogge che avevano imperversato ininterrottamente da settembre in
poi, avevano sui rami ancora quasi tutte le foglie che ora erano diventate di insolito colore marrone e,
mezze fradice e pesanti, pendevano senza riuscire a staccarsi
Profi
continuava a guardava dall'alto della sua finestra e vedeva nel cortile della
scuola elementare di fronte ciliegi da fiore con le foglie smaglianti e dorate
nonostante i grigiore dell'alba senza sole e i tigli dai rami venati e rugosi;
poi più in là quattro pini mediterranei che sembravamo piumini per la polvere,
ma non riuscivano a toglierla dal cielo dove passava un lunghissimo nastro nero
che si intrecciava allargandosi, si gonfiava e si rimpiccioliva di nuovo in
lunghe linee, erano gli storni che arrivavano puntuali in città.
Ma era
comunque tempo di Natale, albero e presepio. Non c’era scampo.